Il potere del legame che cura

Una prospettiva psicologica nella relazione uomo-cavallo

( di Arianna Camagni )

Un rapporto in continua evoluzione

Come possiamo ben supporre, il rapporto tra uomo e cavallo è un legame antico, radicato nella storia dell’umanità e che continua a svilupparsi da secoli.
Il cavallo è indubbiamente l’animale che, più di ogni altro, ha contribuito all’evoluzione del genere umano, permettendo rapidi spostamenti verso nuove terre da conquistare ed abitare.
Già 25.000 anni fa era evidente che uomo e cavallo fossero in relazione; a conferma di ciò possiamo ricordare la pittura rupestre nella grotta di Pech Merle, vicino a Tolosa, nella Francia del Sud.
In tale pittura è raffigurato un cavallo “radiante”: le pomellature sul suo manto formano quasi un’aura, come se l’artista volesse comunicare il concetto di movimento.
Questa immagine è considerata la più antica rappresentazione realistica di un animale nella storia dell’arte ed è probabilmente risalente al Paleolitico.
Una testimonianza scritta di grande rilievo risale invece al 350 a.C. ed è “L’arte della Cavalleria” di Senofonte, famoso storico, filosofo dell’antica Grecia, proveniente da una nobile famiglia equestre.
Quest’opera viene considerata il primo trattato equestre del mondo occidentale, in cui vengono illustrati temi come la selezione, la gestione e l’addestramento dei cavalli, sia per uso militare che per il lavoro.
Il saggio di Senofonte rappresenta uno dei primi testi che descrivono i principi del dressage classico, mettendo in risalto l’importanza di un metodo di addestramento senza dolore.
Composto da dodici parti, il trattato greco risulta essere molto dettagliato ed una sua lettura può fornire elementi base di tecnica equestre ed etologia validi ancora oggi.
Percorrendo i successivi periodi storici, è con la nascita dell’Impero Romano che il cavallo diventa la forza motrice principale di tutto il sistema dei trasporti.
Altro periodo in cui il cavallo diviene protagonista è il Medioevo: sono gli anni dei tornei in cui i cavalieri si scontrano per mostrare la loro abilità.
Il cavallo, dunque, oltre ad essere utilizzato per lavorare e fare la guerra, inizia ad essere visto come simbolo di potere.
Durante il Rinascimento, in Italia, l’equitazione raggiunge il suo apice in termini di raffinatezza tecnica, diventando parte fondamentale dell’educazione del nobiluomo. La letteratura equestre rinascimentale getta così le basi dell’equitazione moderna.
Successivamente, nel ’700, in Europa si affermò l’equitazione accademica, che risulta essere sostanzialmente una pratica di maneggio, con i suoi canoni stilistici abbastanza rigidi.
D’altra parte, in Inghilterra, la rivoluzione industriale porta a nuovi modelli a cui ispirarsi. Questo periodo, che vede un crescente interesse per le corse di cavalli, porta di conseguenza ad un incremento nel commercio di equini, nell’allevamento e in tutte quelle professioni legate alla cura e al mantenimento dell’animale; l’ippodromo diventa quindi un luogo di interesse per classi sociali elevate.
Ai giorni nostri l’equitazione è uno sport molto praticato anche se i metodi utilizzati rimangono ancora altamente discutibili, soprattutto a livello etico.
Possiamo affermare che, all’interno della nostra cultura, il cavallo assuma differenti ruoli: in ambito sportivo, nei contesti riabilitativi e di supporto, come nell’ippoterapia e come animale da compagnia.

Oltre le parole: l’arte del sentire

Ciò che avviene tra l’uomo ed il cavallo, quando si entra in totale connessione, è una sottile comunicazione silenziosa e profonda, basata principalmente su un linguaggio non verbale realizzato attraverso corpo, emozioni, sensazioni ed intuizioni.
I cavalli sono esseri altamente sensibili ed è stato provato, tramite diversi studi, che hanno la capacità di riconoscere le emozioni umane grazie al loro potente senso dell’olfatto.
Nel corso del tempo è stato dimostrato che i cavalli sono in grado di sentire peculiari odori presenti nel sudore, dati dal rilascio di ormoni prodotti in base alle diverse emozioni e, di conseguenza, rispondono fisiologicamente a tali informazioni, come succede anche per i cani ed altri mammiferi.
Il rapporto tra uomo e cavallo è assimilabile dunque ad un vero e proprio “contagio emotivo”, ossia un processo in cui gli stati psichici di due individui si influenzano in modo reciproco e si allineano.
Altri studi, condotti sulle capacità equine di riconoscere le emozioni umane, dimostrano come questi animali siano in grado di identificare e rispondere alle espressioni facciali dell’uomo, distinguendo tra espressioni positive (felici) ed espressioni negative (arrabbiate).
A queste maestose creature non sfugge nulla, sono in grado di comprenderci attraverso il linguaggio del corpo: come ci muoviamo, l’odore che emaniamo, il tono di voce che utilizziamo e le espressioni mimiche che assumiamo.
Se noi comunichiamo con i cavalli attraverso i meccanismi elencati sopra, come comunicano loro con noi?
I cavalli, tra di loro e all’interno di un branco, comunicano attraverso il corpo, vocalizzazioni e segnali chimici; ma dato che il nostro olfatto non è così sviluppato e sensibile come il loro, per noi l’osservazione somatica diventa di fondamentale importanza; essa è il mezzo più importante che utilizzeranno per comunicare con l’uomo.
dunque scontato specificare che è compito dell’essere umano cercare di interpretare in modo corretto tutti i segnali che il cavallo trasmette.
Più l’uomo è in grado di interpretare nel modo giusto, più il cavallo sarà capito e si sentirà capito: più l’animale si autopercepisce accettato e sostenuto nei suoi bisogni, meno si presenterà “problematico”.
Nell’ambito equestre si sente spesso parlare di cavalli appunto “problematici”, ma altrettanto di frequente non viene realizzato che il vero problema è nell’essere umano, non in grado di comprendere i segnali inviati dall’animale.
Il non capire e il non essere capiti genera, all’interno del binomio, una rottura dell’equilibrio: porta a frustrazione, rabbia ed alla messa in atto di schemi e comportamenti che vanno ad alimentare ulteriormente un problema che, non di rado, sarebbe altresì risolvibile.

Un approccio olistico: il metodo Parelli

Nel 1981, l’americano Pat Parelli ha realizzato il suo ormai noto metodo di addestramento, appunto denominato "Parelli Natural Horsemanship".
Insieme alla moglie Linda, ha trasformato questa tecnica in uno dei programmi di formazione più diffusi negli ultimi decenni, rivolto sia agli uomini che ai cavalli.
Il metodo Parelli si basa su fiducia, rispetto, comunicazione reciproca e si focalizza principalmente sulla formazione dell’uomo, aiutandolo a comprendere meglio il comportamento dell’animale, al fine di instaurare un rapporto di maggior fiducia e collaborazione.
Si basa su un programma educativo che non è rivolto a una razza o ad un tipo di cavallo specifico; ma tratta di un approccio versatile, adattabile ad ogni cavallo e cavaliere, indipendentemente dal livello di esperienza o dalla disciplina equestre praticata.
Come sostiene Parelli, i cavalli “sono come i fiocchi di neve, tutti simili, ma nessuno è uguale all’altro”; e, proprio come gli esseri umani, i cavalli possiedono caratteri e temperamenti molto diversi tra loro.
Ogni animale rappresenta un universo a sè, pertanto può essere necessario adottare strategie differenti per garantire loro un senso di sicurezza e benessere. Per tale motivo il programma Parelli si basa sull’attenzione alle diverse necessità e personalità dei cavalli, offrendo approcci personalizzati che rispettano le caratteristiche uniche di ogni individuo.
L’addestramento Parelli si articola in quattro aree principali di apprendimento chiamate “savvy” e suddivise in due sezioni dedicate al lavoro da terra e due da sella:

1. On-line - Questa prima area si concentra sul lavoro da terra con corde di diversa lunghezza. Si parte proprio da terra, in quanto ambiente in cui ci si sente maggiormente sicuri e da dove è possibile avere una visione più completa di ciò che si sta facendo, osservando come il cavallo risponde ai nostri “stimoli” (non comandi).

2. Liberty - Questa seconda area, prevede sempre il lavoro da terra, ma in libertà, senza l’uso di corde. È un passaggio di fondamentale importanza per creare una vera connessione e testare la volontà del cavallo di collaborare con noi.

3. Freestyle - È essenziale per sviluppare un assetto indipendente e per ridurre la dipendenza dalle redini. Attraverso esercizi progressivi si impara a guidare il cavallo senza briglie, affidandoci esclusivamente alla posizione del nostro corpo.

4. Finesse - Questa area si propone l’obiettivo di perfezionare l’uso delle redini per comunicare in modo sottile e preciso attraverso un contatto leggero con esse. Tale area rappresenta la “rifinitura”, un momento di grande armonia tra il nostro corpo e quello del cavallo, per raggiungere una comunicazione elegante ed efficace.

Benefici psicosomatici della relazione Uomo-Cavallo

L’interazione tra uomo e cavallo rappresenta un’esperienza ricca di benefici sia dal punto di vista fisico, mentale, emotivo e cognitivo. La relazione con questi animali offre vantaggi psicosomatici importanti, contribuendo al miglioramento del benessere complessivo.
Questi effetti positivi sono largamente riconosciuti e sostenuti da numerosi studi internazionali che evidenziano come il contatto con i cavalli possa favorire la salute mentale, fisica, ridurre lo stress e migliorare la qualità della vita.
L’interazione con i cavalli può favorire un aumento dell’ossitocina, conosciuta anche come “ormone dell’amore” e, allo stesso tempo, ridurre i livelli di cortisolo, conosciuto come “ormone dello stress”.
Dal punto di vista fisico, l’equitazione ed altre discipline ad essa limitrofe, come ad esempio l’ippoterapia, portano ad una serie di benefici legati al miglioramento del tono muscolare, dell’equilibrio e della postura, favorendo una migliore coordinazione motoria.
concentrazione, andando ad incrementare lo sviluppo cognitivo. Sul versante emotivo e relazionale vengono potenziate autostima, capacità comunicative e gestione delle emozioni.
Numerosi studi e ricerche hanno dimostrato che il sistema neurale del cuore del cavallo emana un campo elettromagnetico incredibilmente potente, cinque volte più intenso del nostro, che si estende fino a nove metri di distanza. In base alle leggi della biofisica quando due campi elettromagnetici vengono avvicinati si influenzano reciprocamente, sintonizzandosi e riequilibrandosi. Ciò significa che, entrando nel campo elettromagnetico di un cavallo o di un branco di cavalli, il nostro campo, più piccolo e meno potente, viene influenzato e si adatta. Questa interazione porta alla sincronizzazione del battito cardiaco, al rallentamento del respiro ed alla coerenza cardiaca, permettendoci di entrare in uno stato di profonda armonia con noi stessi e con l’animale.
In tal modo, grazie a questa “comunicazione energetica”, possiamo sperimentare un senso di benessere profondo e di connessione autentica.